Una norma che si rinnova prende vita da una norma esistente per la quale è arrivato il momento di indossare un nuovo abito, più moderno, più funzionale e possibilmente più semplice.
Perché una norma si rinnova?
L’evoluzione tecnologica determina sempre di più la necessità di aggiornamenti che potrebbero generare la nascita di nuove normative complicando, come già avvenuto in passato in materia di sicurezza antincendio, il panorama legislativo. La soluzione per evitare complicazioni bizantine che generano sovrapposizioni e/o interpretazioni diverse è la semplificazione delle norme esistenti verso un quadro generale normativo nazionale che sia omogeneo per singoli argomenti.
Se citiamo quello che è stato definito inizialmente come il “nuovo DM 10 marzo 98”, giochiamo con le parole, perché i tre decreti ministeriali 1, 2 e 3 settembre 2021, pur prendendo corpo dal precedente impianto normativo del decreto del ‘98, oltre ad abrogarlo completamente, determinano la suddivisione della tematica della corretta gestione della sicurezza antincendio in tre argomenti specifici più semplici nonostante il maggiore approfondimento richiesto dal legislatore.
Si tratta di norme totalmente nuove? I contenuti variano sostanzialmente rispetto al vecchio decreto?
Interrogandoci con queste domande ci rendiamo perfettamente conto che il contenuto del vecchio decreto si orientava verso gli stessi ambiti dei tre decreti recenti, ma con una visione un po’ diversa. Il DM 10 marzo ’98 era principalmente orientato verso le condizioni di emergenza, mentre l’impianto nuovo si inserisce in quello che è un quadro di analisi, che tiene conto in primis di quelle che sono le condizioni di esercizio (non solo nel D.M. 2 settembre 2021 cosiddetto “Decreto GSA” ma in tutti 3 i decreti) e solo successivamente delle condizioni di emergenza.
Uno dei principi fondanti delle nuove norme è proprio quello di agire e non solo reagire, introducendo in maniera importante la gestione della sicurezza. Il nuovo impianto normativo rinforza il concetto di gestione, insieme a quello cardine di analisi e valutazione del rischio, permeandone tutti i nuovi decreti.
Grazie al D.M. 3 settembre 2021 (il cosiddetto decreto “Minicodice”) si genera inoltre una connessione funzionale alla struttura normativa del Codice di Prevenzione Incendi, che oggi a pochi anni dalla sua pubblicazione gestisce tutto l’ambito progettuale e gestionale antincendio.
Il cosiddetto “nuovo 10 marzo ‘98” si inserisce quindi come anello di una catena normativa che crea una sorta di continuum sia per quello che è l’ambito legato all’applicazione del d.lgs. 81/08, quindi più appannaggio degli RSPP, che per l’ambito della progettazione antincendio, evitando vuoti normativi o anacronistiche sovrapposizioni, che avrebbero potuto generare come in passato criticità e spazi non interpretabili.
Oggi il normatore in tema di sicurezza antincendio si impone definendo un insieme costituito dai decreti “Controlli” (D.M. 1° settembre 2021), “GSA” (D.M. 2 settembre 2021) e “Minicodice” (D.M. 3 settembre 2021) che consentiranno di lavorare in maniera coordinata e continua ma altresì semplice e diretta e accessibile anche agli RSPP che svolgono tale funzione nelle aziende a basso rischio.
In questo quadro di evidente rinnovamento l’attenzione deve essere quindi rivolta a cosa cambia in termini di analisi di quanto in campo. La domanda più frequente che si sono posti i consulenti sicurezza a distanza di pochi mesi dall’entrata in vigore dei nuovi decreti è la seguente:
Tutto va rifatto? I precedenti documenti di valutazione (soprattutto nella parte “rischio incendio”) sono quindi “carta straccia” in materia di incendio?
Ragioniamo con attenzione, si parla di rinnovamento non di novità normativa. I contenuti devono essere senza dubbio aggiornati, ma i temi rimangono gli stessi. L’obbligo di corrette e costanti manutenzioni di strumenti e impianti antincendio era già obbligatorio, l’analisi del rischio e la valutazione del rischio incendio sono temi presenti dagli albori della normativa quadro che ha recepito le direttive europee e dovevano già essere oggetto dei DVR.
Riproponiamo la domanda in modalità più diretta: la veste rinnovata e disarticolata del vecchio “10 marzo ‘98” ci richiede forzatamente di rifare tutto? La risposta è NO.
La nuova sfida è quella di spingere anche gli RSPP verso una analisi critica di quanto è già presente se il problema era stato preso in considerazione, in un’ottica di aggiornamento e adeguamento se necessario.
Scendendo nel dettaglio del contenuto dei tre nuovi decreti in vigore dallo scorso ottobre, possiamo tranquillamente evidenziare che non solo non apportano grosse e sostanziali novità, ma soprattutto inquadrano meglio e più chiaramente un insieme di procedure già in vigore ma in precedenza prive di parametri di riferimento.
Ad esempio, la figura del manutentore qualificato (introdotta dal D.M. “Controlli”) nasce dalla necessità concreta di fare chiaro ordine nello svolgimento dell’attività di manutenzione impiantistica, che era costellata da una molteplicità di tipologie di installazione e di fattori di valutazione che finalmente non possono prescindere da una evoluzione tecnologica, culturale e di settore. Tale evoluzione richiama pertanto la necessità di avere come riferimento dei manutentori formati che possano oltremodo garantire un servizio di qualità nello svolgimento della loro funzione in un contesto tecnologico evolutivo a favore della sicurezza.
La triade dei nuovi decreti ha posto l’attenzione su un obbligo ben chiaro introdotto dalla direttiva quadro europea fin dagli anni ’90 per un diretto coinvolgimento di tutti gli RSPP, perché il rischio incendio è presente ovunque ma fino a pochi mesi fa era trattato quasi esclusivamente dai professionisti antincendio. Oggi finalmente il RSPP aziendale ha gli strumenti per trattare in modo semplice ma completo il rischio incendio in qualsiasi luogo di lavoro.
Questo articolo è stato scritto Elisabetta Scaglia e Stefano Bergagnin, esperti di sicurezza.