Tre decreti per sostituirne uno: questa è la prima innovazione, ma le modifiche non finiscono qui.
Apparentemente ci troviamo di fronte ad un impianto normativo simile a quello precedente, ma in realtà la struttura porta in sé moltissime innovazioni, come ad esempio il collegamento stretto con il codice di prevenzione incendi (DM 03/08/2015).
La normativa di prevenzione degli incendi DM 03/08/2015
La normativa di prevenzione degli incendi sui luoghi di lavoro, a tutti gli effetti, ora diventa un sottoinsieme di quella più generale ed è resa più congruente alla norma principale, quella che oggi è rappresentata dal codice di prevenzione incendi.
Un esempio tra tanti è la sezione S, che introduce in modo chiaro la GSA, gestione della sicurezza antincendio.
Questa era sempre stata considerata un elemento estraneo alla progettazione antincendio, mentre oggi ne diventa l’elemento cardine, mediante la definizione della gestione della sicurezza, sia in condizioni ordinarie sia di emergenza, determinando quindi un continuum gestionale, necessario a tutti i livelli di attività.
Questo continuum, infatti, trova grande richiamo anche nei cosiddetti “nuovi DM 10 marzo ‘98”.
I 3 decreti del DM 10/03/98
In realtà ora i decreti sono 3 usciti in successione anche se pubblicati a distanza di tempo.
Il D.M. 1 settembre 2021, che approfondisce molto dettagliatamente gli obblighi di manutenzione, aspetto fondamentale ma spesso trascurato, ma che ora prevede una tracciabilità obbligatoria e una qualità garantita dei manutentori abilitati.
Il D.M. 2 settembre 2021, ove in particolare negli allegati I e II, viene dato ampio spazio alla gestione dell’emergenza e ai contenuti minimi dei piani di emergenza.
Infine, quale fondamentale strumento, viene dato ampio spazio alla valutazione del rischio, cui fanno riferimento tutti e tre i decreti, ma in particolare il D.M. 3 settembre 2021, che data l’attinenza proprio con i contenuti del codice prevenzione incendi è stato soprannominato “minicodice”.
È infatti sulla base della valutazione dei rischi incendio che il datore di lavoro potrà operare al meglio per la propria attività e per i propri lavoratori, superando il vecchio concetto di parametrizzazione del rischio generico.
Da essa deriva infatti la definizione degli scenari di emergenza, l’individuazione delle tipologie e il dimensionamento della squadra di emergenza, la tipologia degli interventi possibili e proposti nella pianificazione, la progettazione della formazione e dell’informazione dei lavoratori.
L’innovazione in questo contesto è legata al fatto che le misure di prevenzione vengono rivolte a tutti i soggetti presenti sul luogo di lavoro, indipendentemente dal loro ruolo: è importante notare come anche qui il collegamento al codice è evidente.
Si parla infatti di occupanti, secondo la definizione in linea con quella contenuta nel capitolo G1 del Codice, ove non sfugge l’importanza della valutazione anche in termini di inclusività, come obbligo di valutazione e di pianificazione gestionale e non come pura eventualità.
Un’attenta lettura dei tre decreti, rende poi evidente che essi sono espressione di una volontà di forte connessione con la prevenzione incendi generale.
Essi ci permettono anche di fare chiarezza in alcuni contesti che prima lasciavano zone d’ombra, con conseguenti interpretazioni non sempre certe.
Citiamo ad esempio le definizioni dei requisiti dei soggetti che sono coinvolti nella filiera della prevenzione incendi, quali i manutentori, i formatori, ecc., individuandone i percorsi formativi, di validazione, di aggiornamento, nonché i requisiti base.
In conclusione, la stretta connessione con la struttura del Codice evidenzia la chiara volontà del normatore di compiere un fondamentale lavoro di unificazione del linguaggio legislativo, al fine di facilitare l’applicazione delle norme che inevitabilmente vengono ad intrecciarsi, derivando dai differenti punti di vista operativi che si sovrappongono su medesimi contesti.
Ing. Elisabetta Scaglia, Ing. Stefano Bergagnin